Community Designer e Manager Il corso SCoDeM

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Community Designer e Manager

Il corso SCoDeM

di Antonella De Angeli, Giulia D’Alimonte, Maurizio Teli[1]

 

1.    Introduzione

Il Corso di Perfezionamento SCoDeM (Smart Community Design e Management) è stato sviluppato nell’ambito del progetto La Città Educante (v. capitolo 5) dal Dipartimento di Ingegneria e Scienza dell’Informazione dell’Università degli Studi di Trento (UniTN) e si è tenuto anni accademici 2015-16 e 2016-17. L’obiettivo pedagogico era formare una nuova figura professionale, chiamata Community Designer and Manager, dotandola degli strumenti metodologici e tecnologici per progettare, costruire, coordinare e monitorare comunità di persone impegnate in progetti ad alto impatto sociale. In questo capitolo descriveremo in breve il percorso didattico degli studenti dettagliando le attività svolte e i risultati ottenuti.

2.       L’impianto didattico

L’impianto didattico del Master SCoDeM è stato strutturato nell’arco di un anno accademico (1500 ore totali) in quattro fasi principali, che comprendevano quattro mesi di lezioni presso l’Università di Trento, un mese presso un’Università straniera, quattro mesi di tirocinio presso aziende, centri di ricerca o associazioni, e un mese per scrivere la tesi, nonché seminari e studio individuale (35%). La frequenza alle attività formative è stata obbligatoria e ha richiesto una partecipazione minima pari al 70%.

Le lezioni frontali e le attività di laboratorio sono state strutturate intorno a tre aree tematiche principali: 1) Tecnologia; 2) Metodologia; 3) Educazione. I corsi appartenenti a ogni area tematica sono elencati in Tabella 1 dove vengono anche riportate le ore allocate a ogni attività. In aggiunta, un corso di seminari con la partecipazione di oratori internazionali ha affrontato argomenti tematici specifici di innovazione sociale.

Tabella 1. Struttura didattica del Master SCoDeM.

Area tematica

Corso

Ore

Tecnologia

Cloud- and Service-Oriented Computing

30

(14 classe + 16 lab)

Privacy, Trust,

and Security

30

(14 classe + 16 lab)

Mobile Computing

30

(14 classe + 16 lab)

Human Computer

Interaction

27

(11 classe + 16 lab)

Metodologia

Digital Models

Innovations

30

(14 classe + 16 lab)

Participatory Design

30

(14 classe + 16 lab)

Pervasive Games

31

(15 classe + 16 lab)

Qualitative Research Methodology

30

(14 classe + 16 lab)

Educazione

Education Models and Approaches

30

(14 classe + 16 lab)

Computer Supported Learning

30

(14 classe + 16 lab)

Community Management and Engagement

30

(14 classe + 16 lab)

Teaching and Computing Ethics

30

(14 classe + 16 lab)

 

Durante il mese di febbraio, gli studenti hanno approfondito i loro studi con un periodo all’estero che nell’AA 2015-16 si è svolto presso l’Istituto per i Sistemi Informativi dell’Università di Siegen in Germania e nell’AA 2016-17 presso il M-ITI Istituto di Tecnologie Interattive a Madeira in Portogallo. Durante tale periodo gli studenti hanno lavorato in gruppo a progetti informatici per la creazione e il mantenimento di comunità reali e virtuali in collaborazione con studenti di dottorato e ricercatori locali, sotto la supervisione del Prof. Volkmark Pipek a Siegen e del Prof. Maurizio Teli a Madeira.

Da marzo a giugno, gli studenti hanno svolto attività di tirocinio. La sede è stata definita cercando di privilegiare un percorso che potesse facilitare l’acquisizione di competenze specifiche necessarie alla futura carriera dello studente e aumentare la probabilità di un successivo inserimento lavorativo. La maggior parte dei tirocini si sono svolti in Trentino. La Fondazione Bruno Kessler ha ospitato quattro studenti, i laboratori dell’Università tre studenti che hanno lavorato a progetti di Horizon 2020, e la capofila del Gruppo GPI due studenti. Altre sedi locali hanno compreso l’Impacthub, l’Associazione Trentina Accoglienza Stranieri, Community Building Solutions, U-Hopper e Hub Innovazione Trentino. A livello nazionale i tirocini si sono svolti a Roma presso il LabGov, e ANCI – Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, nonché a Bologna presso lo Urban Centre. A ogni studente era assegnato un tutor aziendale che seguiva il lavoro quotidiano degli studenti e un tutor accademico che ha contribuito alla definizione dei progetti e aiutato lo studente nel lavoro di stesura della tesi, che doveva descrivere e analizzare criticamente il progetto inquadrandolo all’interno dell’apparato teorico e metodologico del Master.

 

3.       La selezione degli studenti

Lo “Smart Community Designer and Manager” è una figura professionale nuova che deve possedere un amplio ventaglio di competenze interdisciplinari, che gli consentano di gestire e consolidare comunità online e fisiche a livello territoriale o sovra-territoriale. Dato il forte valore interdisciplinare del corso, non sono stati posti vincoli relativi alla classe di laurea, mentre sono state richieste buone competenze informatiche, possibilmente acquisite tramite il percorso di studi universitario. Inoltre, poiché l’attività didattica di SCoDeM si è svolta in lingua inglese, è stata considerata necessaria un’adeguata conoscenza della lingua (certificato B2 o superiore).

Al fine di garantire il più adeguato ed efficace svolgimento delle attività, il numero dei partecipanti è stato limitato ad un massimo di 15 studenti per anno. Di conseguenza, un aspetto molto critico ha riguardato la selezione, per la quale sono stati tenuti in considerazione non solo il curriculum accademico e lavorativo (35 punti), ma anche la motivazione e l’interesse dei candidati verso temi di innovazione sociale e partecipazione civica (20 punti). La soglia minima di selezione era fissata a 30 punti.

Nella prima edizione del master sono giunte 17 domande da studenti internazionali, che hanno portato alla selezione di 12 candidati con borsa di studio completa e 3 candidati senza borsa di studio, ma con esenzione delle tasse. Quattordici studenti hanno accettato l’offerta e nove di loro hanno poi effettivamente frequentato il corso. Nell’anno accademico 2016/17 sono giunte 30 domande e sono state offerte 10 posizioni con borsa completa, tre posizioni con esenzione delle tasse e due posizioni senza borsa. Alla fine, nove studenti hanno frequentato il corso, mentre uno si è ritirato il primo mese in quanto si è reso conto che il corso non rispecchiava appieno i suoi interessi ingegneristici.

La classe dell’AA 2015/16 è risultata composta da 4 studenti italiani e 5 stranieri provenienti da Turchia, Brasile, India e Bangladesh. Fra questi c’erano 4 studentesse e 5 studenti di età media intorno ai 30 anni (da un minimo di 26 a un massimo di 39). Il loro background era variabile e includeva Informatica, Scienza della gestione dei disastri ambientali, Studi Europei e Internazionali, Scienze Forestali e Ambientali, Etnografia del design, Economia Politica, e Sociologia. La classe dell’AA 2016/17 è risultata composta inizialmente da 10 studenti italiani prevalentemente donne. I loro background variavano da Letteratura Straniera e Traduzione, a European Studies, Gestione del Lavoro e Comunicazione per le Organizzazioni, Ingegneria meccatronica-robotica, Antropologia e Arte, Sociologia, Management e Filosofia.

 

4.       La valutazione delle competenze

Con l’eccezione di un unico studente che ha sospeso il corso durante il primo semestre, tutti gli altri hanno partecipato con regolarità alle attività del Master e hanno superato le prove di valutazione previste, compreso l’esame finale. Di conseguenza 18 studenti hanno ricevuto il diploma di Master Universitario di II livello in “Smart Community Design and Management”.

La verifica delle competenze acquisite dagli studenti ha seguito strategie diverse nelle quattro fasi del corso. La prima fase (lezioni e laboratori pratici) è stata valutata tramite lavoro di gruppo che prevedeva la progettazione di una comunità sociotecnologica. Il progetto era stato definito seguendo l’approccio di “servizio alla comunità” (Bringle e Hatcher 1995, v. capitolo 5) in collaborazione con progetti di innovazione sociale esistenti sul territorio della Provincia. I progetti erano stati presentati agli studenti dalle associazioni coinvolte, con le quali avrebbero poi lavorato seguendo una metodologia di progettazione partecipata (Teli et al. 2014).

Il lavoro di gruppo richiedeva l’utilizzo delle competenze acquisite nei vari corsi per progettare un prototipo sociotecnologico che doveva poi essere descritto e analizzato criticamente in un rapporto scritto (di massimo 20 pagine). Tale rapporto doveva essere integrato da una riflessione individuale, nella forma di un articolo di 4 pagine, sul progetto e sulle competenze acquisite. Il lavoro è stato valutato in modo autonomo dai singoli docenti e dagli assistenti dei vari corsi, che si sono concentrati particolarmente sugli argomenti di loro pertinenza. Il voto finale è rappresentato dalla media dei giudizi individuali, pesata da un indice di autovalutazione degli studenti che hanno espresso la loro opinione sul lavoro di ogni componente del gruppo inclusi loro stessi. I gruppi sono stati formati volontariamente dagli studenti, invitati a considerare il proprio interesse nella selezione dell’argomento e a privilegiare l’eterogeneità delle competenze nel team.

 

4.1.    I lavori di gruppo

Nell’anno accademico 2015/16 sono stati selezionati tre progetti diversi di innovazione sociale attivi sul territorio trentino: “A Piedi Sicuri”, “Campi di incontro” e “Food”. I progetti sono stati presentati dalle associazioni direttamente agli studenti che ne hanno in seguito selezionato uno su cui concentrarsi, con il limite che ogni progetto poteva essere svolto solo da un gruppo.

“A Piedi Sicuri” (una collaborazione fra il Comune di Trento e la Fondazione Bruno Kessler) si proponeva di garantire la mobilità sostenibile dei bambini, con l’obiettivo di permettere agli alunni e alle alunne della scuola primaria di andare a scuola camminando in compagnia e sicurezza. A questo fine il progetto aveva attivato una serie di “Piedibus”, vere e proprie carovane di bambini accompagnati da almeno due adulti: un “autista” che guidava la comitiva e un “controllore” che chiudeva la fila. Ogni mattina, i Piedibus partivano da punti prestabiliti e raccoglievano i bambini alle fermate seguendo un orario definito. Il progetto è stato reso possibile anche grazie a varie componenti tecnologiche, quali per esempio una APP per la gestione dei turni dei volontari e la registrazione delle presenze giornaliere; vari dispositivi sensoriali che permettevano di registrare i dati di presenza automaticamente; e un gioco elettronico che proponeva una sfida fra classi basata sul numero di passi effettuati giornalmente dagli alunni e dai maestri, passi che venivano registrati automaticamente su una mappa digitale, con tappe da raggiungere e contenuti didattici associati ai posti fisici. Durante il progetto gli studenti del master si sono occupati della progettazione e dello sviluppo dell’APP, coinvolgendo anche insegnanti, genitori e bambini. All’APP si sono affiancati un sito web e eventi informativi nelle scuole, sia per rispondere a domande e curiosità, sia per incentivare la partecipazione di nuovi volontari.

“Campi di incontro” era un progetto nato dalla collaborazione fra l’Unione Italiana Sport per Tutti, l’Associazione Trentina Accoglienza Stranieri e la Cooperativa Arianna al fine di sperimentare nuovi modi per rendere l’attività sportiva catalizzatore di benessere collettivo. Il progetto si era concentrato intorno al campo di calcio comunale di Piedicastello, dove si erano create varie tensioni fra residenti e utilizzatori, che stavano generando anche problemi di integrazione razziale. L’obiettivo era dunque definire nuove strategie per la gestione collettiva di un bene comune mediate dalle associazioni partecipanti che permettessero non solo di placare le tensioni ma anche, concretamente, di gestire e riqualificare lo spazio in sinergia tra fruitori, residenti e associazioni. La tecnologia, sotto-forma di APP, si è presentata come un ottimo strumento per facilitare il raggiungimento dell’obiettivo. I fruitori infatti, associazioni sportive comprese, hanno potuto iniziare un’azione di auto-gestione e auto-controllo, prenotando gratuitamente il campo per fasce orarie prestabilite ed evitando così il sovraffollamento, principale causa del rumore lamentato dai vicini residenti. Nello specifico, le attività gestite dalle associazioni hanno funzionato tanto come catalizzatori quanto come base per riqualificare il campo da calcio. Inoltre, nel rispetto della comunità locale, la fruizione dello spazio da parte di persone provenienti da altri quartieri è stata limitata per due ragioni: innanzitutto per dare proprio ai residenti piena voce sulle nuove modalità organizzative; e secondo, per sostenere un processo collaborativo dal basso che li aiutasse a ricostruire i legami incrinati dalle precedenti tensioni.

Il progetto “Food” si è focalizzato sull’attività di TrentinoSolidale Onlus, un’associazione no-profit che raccoglie generi alimentari e li ridistribuisce a persone in situazioni di difficoltà. Il progetto si è sviluppato in tre fasi: 1) sviluppo di un supporto tecnologico che permettesse a donatori, volontari e destinatari di essere in contatto per coordinare raccolte e consegne in modo efficace; 2) formazione di nuovi volontari, sostenendo così lo sviluppo sociale; 3) formazione di una nuova comunità focalizzata sull’inclusione sociale. Oltre all’APP, gli studenti hanno lavorato con TrentinoSolidale per migliorarne la visibilità e il lavoro organizzativo. Il sito ad esempio è stato ridisegnato e implementato con nuove funzioni, collegate anche a canali come YouTube, anche se ciò ha posto il problema di individuare una figura addetta alla gestione dei canali online. Questa necessità è stata risolta attraverso una nuova collaborazione con il Servizio Civile Nazionale, soluzione economica per l’associazione e al contempo utile per rinforzare i valori dell’associazione e la sua visibilità sul territorio.

Nell’anno accademico 2016/17 sono stati sviluppati progetti rilevanti per l’Università quali “Room 7”, “UN’idea Trento” e “UNIcarpool”.

Room7” è stato un progetto per la valorizzazione e l’appropriazione da parte degli studenti di alcuni spazi universitari solitamente poco sfruttati e poco accoglienti. L’attenzione si era concentrata su un’aula studio (la numero 7 appunto) presente presso la sede di Rovereto. Quest’aula veniva percepita dagli studenti come poco accogliente, inutile e vuota e l’intento è stato aiutarli a farne un nuovo spazio aperto dove condividere idee ed esperienze, sempre all’interno della comunità universitaria. Il progetto ha portato allo sviluppo di Room7App, coinvolgendo alcuni studenti nelle varie fasi, dall’ideazione, alla realizzazione, e infine alla valutazione. L’opportunità offerta ha consentito agli studenti di appropriarsi della stanza, organizzandovi attività ed eventi aperti a tutta la comunità studentesca. Ciò ha permesso di muoversi nella direzione dello scopo iniziale, ovvero aiutare gli studenti a maturare un senso di comunità all’interno dell’Università.

“UN’idea Trento” è stato un progetto mirato a sostenere un rapporto più collaborativo tra l’Università e gli studenti nella organizzazione e programmazione di attività culturali e di socializzazione. Sebbene l’Università di Trento sia uno dei principali organizzatori di questo tipo di attività in città, molti studenti non si sentivano coinvolti, riferivano scarso interesse nelle attività proposte e quindi partecipavano poco o nulla. Tutto questo non facilitava la maturazione di un senso di comunità, pertanto lo scopo di UN’idea Trento era innanzitutto costruire un ponte tra Università e studenti e valorizzare il coinvolgimento dei secondi, ponendoli nella posizione di poter proporre e organizzare, non solo ricevere, le attività. Il loro coinvolgimento ha di fatto portato a nuove idee per sviluppare spazi di socializzazione e, al contempo, formazione reciproca. Per raggiungere l’obiettivo, è stata sviluppata una piattaforma online per facilitare il contatto tra gli studenti e agevolarli nell’organizzazione di occasioni ricreative e culturali. La collaborazione con l’Opera Universitaria si è rivelata fondamentale per concretizzare le idee: gli spazi concessi agli studenti coinvolti nel progetto infatti hanno ospitato eventi e festival aperti a tutti.

“UNICarpool” infine nacque dall’intento di far fronte a una difficoltà comune per molti studenti dell’ateneo trentino: gli spostamenti quotidiani casa-università, sia per coloro che alloggiano in città, sia per chi proviene dai paesi limitrofi. Da un lato infatti, l’affollamento degli autobus negli orari di punta e l’orario non sempre allineato con le lezioni era fonte di stress per molti studenti. Non di rado arrivavano tardi perché non erano fisicamente riusciti a salire a bordo a causa dell’affollamento. Dall’altro lato, chi raggiungeva l’università in auto lamentava un senso di solitudine, che poteva potenzialmente avere effetti negativi anche sullo studio. Per far fronte a questo disagio l’APP era stata pensata apposta per consentire agli studenti di organizzare gli spostamenti, facilitando il contatto tra chi solitamente si muoveva in auto e chi invece adoperava il servizio pubblico. I primi offrivano passaggi che i secondi prenotavano. In questo non solo si rispondeva direttamente al disagio esperito, ma si facilitavano anche l’incontro e l’interazione tra studenti. Attraverso il soddisfacimento di un bisogno si era potuto innescare un processo positivo che vedeva gli studenti pendolari fautori e promotori del processo stesso. Per motivare l’utilizzo dell’APP era stato inoltre progettato un sistema basato sui meccanismi del “gioco”, come la possibilità di assegnare punteggi a guidatori e passeggeri.

 

5.       Conclusione

 

Il corso SCoDeM è risultato essere un’esperienza che gli studenti hanno valutato come profondamente formativa e coinvolgente, come evidenziato dalle riflessioni critiche elaborate come parte del loro lavoro. Il coinvolgimento ha riguardato anche i docenti, che hanno particolarmente apprezzato la sfida di un percorso a forte valenza interdisciplinare nonché la ricchezza di una classe composta da studenti con conoscenze e competenze diverse. Questo ha richiesto un’attenzione particolare all’elaborazione di contenuti che potessero coinvolgere direttamente persone provenienti da formazioni accademiche che sottintendono epistemologie diverse.

Il lavoro di gruppo è stato un elemento chiave del successo del corso che pur lasciando spazio alle inclinazioni ed interessi dei singoli studenti ha facilitato l’emergere di un vocabolario comune necessario alla figura professionale del Designer e Manager di Comunità sociotecnologiche. Per quanto non privo di complessità, tale lavoro ha permesso agli studenti di interiorizzare le competenze necessarie nella pratica. L’apprendimento è stato stimolato dalla creazione di, e nell’interazione con, comunità di pratica (Wegner 1998), che hanno messo in collegamento la società civile e l’Università secondo la filosofia del progetto Città Educante (v. capitolo 5). Questa esperienza ha dimostrato come l'apprendimento sia un processo sociale che si sviluppa mediante partecipazione attiva alle pratiche di una o più comunità sociali e sia facilitato dal processo d’identificazione dell’individuo con la comunità.

Il finanziamento messo a disposizione dal MIUR in termine di borse di studio, fondi per pagare i docenti e i viaggi degli studenti ha rappresentato un elemento chiave del successo del programma che ha avuto ricadute importanti anche sulle aziende e organizzazioni che vi hanno partecipato. Replicare un’esperienza simile senza tale supporto sarebbe estremamente complesso. Di conseguenza, al momento il corso è stato sospeso, ma le continue domande e sollecitazioni che stiamo ancora ricevendo da parte di futuri studenti e l’analisi degli sbocchi professionali degli studenti che hanno frequentato le due edizioni, dimostra chiaramente il valore dell’offerta formativa. Le aziende e le associazioni che hanno partecipato al corso si sono dimostrate estremamente interessate e hanno evidenziato in modo chiaro il bisogno di corsi simili dove le competenze tecnologiche e quelle sociali si integrano in modo sinergico e complementare. Speriamo che il contenuto di questo capitolo possa contribuire allo sviluppo di corsi universitari simili.

 

Bibliografia

 

Bringle R. G., Hatcher J. A., Implementing Service Learning in Higher Education, ««The Journal of Higher Education», vol. 67, 2, 1995, pp. 221-239.

Teli, M., D’Andrea, V., e De Angeli, A., La progettazione partecipata come pratica e politica per costruire ambienti tecnologicamente densi, «Studi Organizzativi», vol. 1, 2014, pp. 150-162.

Wenger E., Communities of Practice: learning, meaning and identity, Cambridge University Press, Cambridge 1998.

 

 

 

[1] Dipartimento di Ingegneria e Scienza dell’Informazione, Università di Trento.