Verso una pedagogia della Città Educante

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Verso una pedagogia della Città Educante

di Antonella De Angeli*, Maurizio Teli*, Giulia D’Alimonte*, Maria Menendez-Blanco*, Ubaldo Scoziero**, Zeno Menestrina*, Angela Pasqualotto**, Paola Venuti**, Adriano Siesser*, Aliaksei Miniukovič*[1]

 

1.    Introduzione

Uno dei contributi dell’Università di Trento al progetto Città Educante si è declinato come intervento di “educazione al servizio della comunità” (Bringle e Hatcher 1995), il cui tema portante è stato la dislessia, sentita come bisogno sociale urgente, soprattutto in vista dell’attuazione del progetto “Trentino Trilingue” nelle scuole della Provincia. Tale intervento si è concentrato sulla definizione di un progetto didattico curriculare per studenti universitari di vari livelli, dalla laurea triennale in Ingegneria informatica, alla laurea magistrale in Human-Computer Interaction, al dottorato di ricerca in Informatica e quello di Scienze Cognitive.

Alla luce degli approcci contemporanei del design partecipativo in contesti urbani (Björgvinsson et al. 2010), l’intento è stato promuovere la nascita di una comunità di (buone) pratiche, i cui membri riconoscono l’un l’altro una similarità di bisogni e intenti (quali appunto affrontare il tema della dislessia e sviluppare nuovi metodi didattici a misura di studenti dislessici) e si adoperano in sinergia per soddisfarli e realizzarli. Obiettivo ulteriore era far sì che questa comunità sopravvivesse in modo autonomo a progetto terminato e che potesse appropriarsi dei risultati e degli strumenti tecnologici realizzati, rendendoli fruibili da tutti i cittadini interessati. Questo capitolo propone una riflessione critica sui risultati raggiunti, sia da un punto di vista educativo che da un punto di vista dell’impatto sociotecnologico che ha permesso di delineare le linee chiave di una pedagogia della Città Educante.

 

[1] * Dip. Ingegneria e Scienze dell’Informazione, Università di Trento.

** Dip. Psicologia e Scienze Cognitive, Università di Trento.